Cucinare e scrivere: food blogger o food writer?

20 Ottobre 2015
cucinare e scrivere

Cucinare e scrivere sono le attività che hanno segnato la mia vita, ma non necessariamente in quest’ordine, anche se – anagraficamente parlando – potrei persino ipotizzare siano nate insieme.

Scrivere e cucinare mi rendono irragionevolmente felice

Saper comporre un piatto – scegliendo la stoviglia più bella, quella più adatta all’occasione e quella perfetta per valorizzare un cibo – qualche volta mi ha portato su un set pubblicitario. Sono sempre state giornate d’amore puro per il mio lavoro e la conferma che, quando fai qualcosa con gioia, le tue capacità hanno il potere di svilupparsi ed esprimersi persino oltre le tue aspettative.

Una professione riconosciuta?

Saper cucinare e saperne scrivere sono diventate, sotto varie forme, una professione riconosciuta. Molti anni fa, una lettrice mi scrisse su Grazia – dove allora tenevo una rubrica – per sapere cos’avrebbe dovuto fare per diventare una giornalista enogastronomica (i food writer erano ancora sporadiche apparizioni oltreoceano e i food blogger erano lontani dall’esistere).

Distinsi chiaramente le competenze richieste: sapere tutto del cibo e acquisire mestiere nel piegare le parole alle proprie necessità. Poi c’è l’attitudine pratica: questa farà la differenza. In base al fatto che tu sia un cuoco o un assaggiatore, la tua scrittura si orienterà in un settore o in un altro. Io, ad esempio, ho scoperto che avere competenze tecniche in cucina creava un paradosso nel momento in cui dovevo dare un giudizio: mi hanno spesso accusata di essere troppo comprensiva o assolutamente spietata, in maniera apparentemente inspiegabile. In psicologia, la mia posizione a cavallo tra una cuoca professionista e una scrittrice mi porterebbe a un bias cognitivo.

Un viaggio creativo

Con riconoscenza, però, posso dire che sia scrivere sia cucinare mi hanno dato la possibilità di compiere un viaggio creativo senza eguali e di godermi il panorama lungo il percorso, senza dare troppa importanza alla tappa successiva. L’unico neo, se vogliamo trovarne uno, è che quando il tuo mestiere prevedere un certo eclettismo, le persone non sanno bene come definirti. Viviamo in un mondo lavorativo in cui sono presenti due spinte contrapposte: la richiesta di specializzazione estrema (spesso al costo di una estrema povertà culturale) e la sete di trovare persone che abbiano un pensiero abbastanza elastico e le competenze per affrontare le nuove sfide.

Cosa ci fai qui?

Sei un turista o un viaggiatore? Sei qui per le ricette e i piatti fotografati? Possiamo tranquillamente parlarne ma sarà sicuramente un discorso lungo – fatto di eccezioni, deviazioni, pedanterie, modifiche a piacere e quanto basta – per scoprire, infine, che la ricetta è poca cosa rispetto al piacere di ascoltare, alla sete di imparare, alla smania di viaggiare con la fantasia.

“I turisti non sanno dove sono stati, il viaggiatore non sa dove sta andando”. Paul Theroux