Afa. Affronto i tramonti più lunghi dell’anno guardando il mondo attraverso un tumbler appannato dal gelo.
Il bicchiere sembra un acquario in miniatura: fondale roccioso di scorzette di limone ed una selva di menta che ondeggia come alghe.
Cerco il pesciolino tropicale che occhieggia timido nel verde: eccola lì, in tutto il suo fulgore d’E124 ed E127 rivestita, la ciliegina dei miei sogni.
Chiedo sempre al barman di metterne due – viziosa! – nel mio mojito perché, lo sanno tutti, una ciliegia tira l’altra anche se è così trattata da sembrare sintetica.
Allo stato naturale le ciliegie durano appena un paio di mesi, succose ed intense come certi amori estivi. In questo lasso di tempo potete mangiarne a piacimento perché, eccetto personali intolleranze, i dietologi concordano nel dire che le drupe del Prunus avium fanno benissimo. È un sollievo sapere che, per una volta, il buono ed il sano vanno a braccetto, vero?
Dopo esservi specchiate con un paio di orecchini vegetali – quale bimba non l’ha fatto? – decidete se cucinarle in maniera creativa, con carne o pesce, mangiarle una ad una o farne leccornie da dispensa per i mesi freddi.
Cosa fare d’inverno, senza marasche, durone o More di Verona? Io mi accontento dei peduncoli essiccati, infusi in una tisana depurativa, e dei noccioli che una mente ingegnosa ha introdotto in speciali cuscinetti per il relax cervicale; oppure apro un vasetto di ciliegine sotto spirito, attendendo di veder apparire una chioma di fiori bianchi al margine d’un vigneto.
Per fare il mojito, invece, schiaccio nel tumbler – con un pestello di legno – le foglie di menta fresca e 2 cucchiaini di zucchero; dilusco con due cucchiaini di succo di lime; aggiungo 2/10 di rum chiaro e ghiaccio tritato fino all’orlo. Verso la soda e lascio il numero di ciliegine e di fettine di lime all’ispirazione del momento.
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