Piccolo Flagello ha un penchant – ancora abbastanza confuso – per l’arte. Ama la street art, l’architettura, è incuriosito dai tatuaggi e da qualsiasi forma estrema d’espressione. Una sera, mangiando pizza egiziana davanti a Netflix, abbiamo visto insieme un documentario su Banksy in cui si dibatteva sulla correttezza di staccare le opere dell’artista dal luogo in cui aveva scelto di crearle. Gli è piaciuto così tanto che il giorno dopo ho scovato per lui questo libro e gliel’ho messo sul letto.
Ma dov’è Banksy? è un’antologia curata da Xavier Tapies – uscita nelle librerie italiane grazie a L’Ippocampo – che rappresenta la guida definitiva alla scoperta di “il meglio di Banksy e dove trovarlo” o, per essere più realistici, rappresenta brillantemente “il meglio di Banksy, dove si sarebbe potuto trovare se qualcuno non l’avesse cancellato o staccato”.
Il volume – un bel cartonato da tavolino, di quelli che avrai voglia di mettere in mostra per sempre – abbraccia la carriera di Banksy nel mondo della street art dagli esordi nel 1999 a Dismaland (2015) e fino alle creazioni più recenti realizzate nel 2016 e nel 2017 come The Walled Off Hotel a Betlemme.
Il criterio della compilazione è cronologico, intervallato da mappe che rappresentano le coordinate geografiche dei suoi lavori. Ad ogni pagina corrisponde un’immagine fotografica corredata da un’analisi approfondita dell’opera, il racconto della sua genesi, i molteplici livelli di significato e le curiosità legate alla sua esistenza.
Nel complesso, Dov’è Banksy rappresenta un must have per essere guidati attraverso la produzione e l’evoluzione di questo fenomeno planetario, dagli interventi nei musei alle aste memorabili di alcuni suoi pezzi. Anche i sassi sanno che l’identità di Banksy rimane avvolta nel mistero ma il velo che la ricopre è così sottile che in molti sospettano la verità, identificandolo con Robert Del Naja dei Massive Attack. I suoi ammiratori sono ben contenti di far finta di niente e sperare che Banksy continui ad apparire a sorpresa con una nuova opera, monopolizzando le prime pagine di cronaca e spiazzando tutti con un concentrato di genialità; a giudicare dagli esiti delle ricerche sull’identità di Elena Ferrante, spero che Bansky resti a lungo come Zorro.
Nelle opere di Banksy si fondono la critica sociale con la denuncia dell’autorità costituita, la lotta al pregiudizio con la mera satira. Per 224 pagine, il libro fa da guida nei luoghi in cui questo maestro di camaleontismo ha messo in luce verità nascoste o ignorate, o semplicemente troppo scomode e reali per essere affrontate dal potere.
Scorri la gallery per indovinare se tra qualche anno dovrò preoccuparmi se troverò bombolette di acrilico nascoste sotto al letto.
Dopo la pubblicazione del libro, altre opere sono comparse:
Nuovo murale a New York realizzato da #Banksy per il rilascio dell'artista curda Zehra Doğan, incarcerata dalle autorità turche per aver raffigurato la distruzione di una città curda. pic.twitter.com/ErofIlN2pn
— Drop (@dropnetworkIT) March 20, 2018
#Banksy è tornato a New York. Si è fatto vivo su Instagram postando le foto di due nuovi murales a Midwood, non lontano da Coney Island. Il primo, è una critica al capitalismo e alla gentrificazione → https://t.co/ZOofbm7pwY pic.twitter.com/rE4MSQb40E
— Rainews (@RaiNews) March 21, 2018