Un’amica carissima annuncia al mondo che è diventata vegana e a me viene spontaneo sorridere. Mi fa simpatia ma non come quando sai che la tua squadra ha acquisito un campione. Il mio è il sorriso dello stolto, quello che proprio non capisce.
Ho sempre trovato il sapore di un rapanello appena colto più commovente di uno stracotto, amo le verdure appena bollite più di qualsiasi ragù, sono istruita su ciò che è salutare nel piatto e cosa dovrebbe esserlo per l’ecosistema, eppure so che mi rovina l’essere irrimediabilmente onnivora e golosa. Filosoficamente sono contraria a qualsiasi tipo di esclusione – anche in ambiti lontani dalla tavola – figuriamoci quando si tratta di cucina.
Il mondo vegan, tuttavia, è una realtà sempre più presente e molto interessante. Sto cercando d’acculturarmi. Un giorno ho scoperto che la ricetta del tiramisù vegano è una delle più ricercate, così ho chiesto all’amica V. – cuoca molto più tecnica di me – come l’avrebbe fatto lei.
Io, se dovessi pensare a come fare un tiramisù senza proteine animali – considerando che questo dolce è l’apoteosi di uova e mascarpone – dovrei sforzarmi parecchio oppure iscrivermi a uno di quei meravigliosi corsi di cucina vegana, che sto vedendo spuntare come crochi nei prati di marzo.
Come si fa un Pan di Spagna senza uova? Come posso rinunciare alla mia amata meringa italiana? Non mi sono mai trovata nelle condizioni di pensare a una ricetta del genere: non sono allergica, intollerante e non ho nemmeno un piccolissimo tabu alimentare. Non ho mai avuto la necessità e la voglia di fare finta di preparare un dolce mentre in realtà stavo cucinando un suo surrogato.
Il tiramisù vegano, infatti, oltre a una ricerca culinaria vera e propria, mi ha scatenato una domanda gastrosofica: ha senso creare “versioni” vegane di ricette che hanno storicamente una loro identità precisa? Le nuove rockstar della cucina vegana e crudista stanno aprendo la strada a una filosofia gastronomica non suscettibile di paragoni e credo che questa sia la risposta: ampliare sempre gli orizzonti, approfondire la ricerca e la sperimentazione di nuovi alimenti o di nuove tecniche di cottura. Le esclusioni, se non sono talebane, possono essere vissute come sfide, come paletti da superare; nondimeno bisogna avere il coraggio di mettere da parte i pregiudizi, tutti noi sia onnivori sia vegani.
Dopo tutte queste chiacchiere, ecco la ricetta del tiramisù vegano della mia amica V.
(V. mi ha portato a scuola una ciotolina e un cucchiaino con l’ invito alla degustazione: “Forse si sente troppo un fondo di soia nella crema e non è molto dolce. Avrei aggiunto anche un po’ di caffè”, “Hai lucidato la coppetta”, “Si, in effetti non era male. Possiamo rifarlo”).
Prepara il Pan di Spagna vegano sciogliendo a bagnomaria 150 g di margarina vegetale; incorpora 125 g di zucchero e la raschiatura di un baccello di vaniglia, poi diluisci con 150 g di latte di soia. Setaccia 170 g di farina con 70 g di fecola e una bustina di lievito per dolci; aggiungi il composto liquido e mescola bene. Versa in uno stampo ø20 e fai cuocere per 35 minuti a 180°C.
Nel frattempo prepara la crema incorporando a 125 g di tofu liscio – frullato con 2 cucchiai di zucchero vanigliato – 125 g di panna montata vegetale. Fai il caffè nella moka e quando tutti gli ingredienti sono pronti, stratifica gli ingredienti come nel tiramisù tradizionale, finendo con il classico velo di cacao amaro.