Un giorno ho telefonato a Carla Latini per raccontarle che avevo cotto – per sbaglio – i suoi sontuosi spaghettoni 600.27 per ben diciassette minuti e che, in fondo, erano talmente buoni da essere ancora mangiabili. Lei, con il suo solito contagioso entusiasmo, mi ha detto che in realtà avevo condotto un esperimento importantissimo sulla tenuta di cottura e ci siamo fatte una risata. Gli spaghetti avevano comunque fatto una fine gloriosa.
Poi, però, le ho rivolto qualche domanda per voi, per saperne di più sulla sua nuova pasta 600.27 e perché Carla Latini è considerata la prima imprenditrice artigianale che ha restituito alla pasta la sua antica nobiltà. Non potevo certo farmela scappare. Sappiate, però, che le risposte sono leggermente condensate, perché Carla Latini, oltre a essere la regina della pasta artigianale italiana, ha il dono della parlantina e staresti ad ascoltarla per ore, mentre ti racconta di spighe e spaghetti.
Carla, cosa significa 600.27?
Per produrla, ho scelto fra le varietà di grano duro che ho conosciuto nella mia vita, oltre 600, quelle più tenaci, profumate, colorate e saporite. Con esse, nel tempo, ho fatto più di 27 tipi di spaghetti diversi. 600.27 sono i miei numeri ma sono destinati a diventare più alti!
Il progetto della pasta 600.27 è nato realmente nel 2014, quando ho incontrato la famiglia Stoppani, nome storico nell’enogastronomia meneghina, che ha creduto nella mia visione.
Come facciamo a spiegare che la 600.27 è una pasta artigianale fuori dal comune? Quali sono i segni inconfondibili della sua qualità?
Per prima cosa, all’occhio ha un bel colore giallo oro, che da già la percezione che sono state usate varietà di grano duro colorite e saporite. Poi, appena apri il pacchetto, annusala immediatamente e sentirai il profumo buono della farina. Se sono spaghetti, puoi infilare il naso nel mazzo, come in un bouquet. Gianfranco Vissani, anni fa, mi diceva che la buona pasta artigianale si sente anche dal rumore che fa quando la spezzi: se prendi uno spaghetto 600.27 e lo spezzi, senti un suono netto, preciso, importante. Invece, la pasta industriale si spezza con un rumore che assomiglia a un filo di plastica. Poi, quando bolle l’acqua e getti la pasta, coprila un istante per far riprendere il bollore: appena la scoperchierai, sentirai nuovamente un profumo buonissimo che per me assomiglia alla mollica di pane caldo. Tutte le paste artigianali emanano un buon profumo, mentre quelle industriali non sanno di nulla.
Come la mettiamo con il mio esperimento della tenuta in cottura degli spaghettoni?
Abbiamo testato con un grande chef (il cui nome, per il momento, rimarrà misterioso n.d.a.) che gli spaghettoni cuociono perfettamente per 9 minuti in acqua, più 4 in padella. Tengono così bene la cottura che il tempo nell’acqua, rispetto agli standard delle cucine professionali, si possono allungare. Gli spaghetti, poi, resistono benissimo all’attesa. Possono essere serviti anche dopo un po’, rimanendo perfetti.
Del resto, io lavoro la semola con le classiche trafile di bronzo. Applico un’attenta essiccazione a bassa temperatura che dura a seconda dei formati. In questo modo proteggo le caratteristiche nutrizionali, organolettiche e proteiche dei grani duri che, con la loro tenacità, mi garantiscono un dente elegante e una resistente tenuta di cottura. Un dente che rende la mia pasta gradevolmente masticabile, gustosa e digeribile.
La pasta 600.27, quindi, è stata pensata per la grande ristorazione?
I cuochi sono sempre stati abbastanza riottosi all’utilizzo di pasta secca artigianale ma le cose stanno cambiando. La 600.27 sta sfatando la favola che la pasta artigianale è difficile da proporre in grandi numeri. In realtà, tutte le vere paste artigianali, scuociono o si rompono, perché l’essiccazione a bassa temperatura è un processo molto difficile. Ho studiato la 600.27 per non far venire l’ansia al cuoco.
I ragazzi di un altro chef stellato (anche di questo non vi posso dire il nome n.d.a.) hanno condotto un esperimento diabolico: hanno addirittura lasciato gli spaghetti in frigorifero – per assaggiarli freddi – e poi provare a rinvenirli in tutti i modi possibili, anche con il microonde. Sui grandi numeri di quest’estate, non mi stupirei per nulla di scoprire uno spaghetto 600.27 rinvenuto, da qualche parte.
Esperimenti a parte, ho lavorato a un’idea di pasta che potesse essere cucinata dalle mani dei migliori cuochi in Italia e nel mondo.
Infatti, i trucioli 600.27 sono stati firmati da Gualtiero Marchesi…
Il maestro Marchesi mi ha chiesto di non farli ruvidi e, per accontentarlo, gli ho spiegato che potevamo lavorare sulla morbidezza della pasta e sul colore senza rinunciare alle trafile di bronzo e utilizzando delle varietà antiche di semola di grano duro italiano.
Lui ha poi sovrapposto al candore e alla levigatezza del truciolo il nero dei chicchi di riso croccanti e pepati condendo alla milanese, con una salsa a base di burro e di zafferano. I trucioli restano al dente, tengono benissimo la cottura grazie alle dimensioni della “cartella” che all’interno della trafila determina lo spessore della pasta.
L’etichetta è speciale, nata da un’idea di Libero Gozzini: porta impresse le tradizionali sette pennellate colorate della cucina marchesiana, con un effetto di stelle filanti.
La selezione del grano cosa implica? Com’è la tua vita sul campo?
Ogni anno, a scopo di studio, seminiamo in pochi ettari molte varietà adatte all’essiccazione a bassa temperatura. Quest’anno abbiamo seminato quattordici varietà provenienti dall’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Foggia in un campo che deve essere seminato a mano e trattato nella maniera più biodinamica possibile. Prima di conoscere mio marito Carlo, io non avevo nulla a che fare con la campagna. Poi mi sono ritrovata a falciare a mano il grano alle 6 del mattino, per fare i covoni necessari allo studio. Ho scoperto, sulla mia pelle, che nei campi può fare già molto caldo a quell’ora ma, la cosa più importante che ho imparato fin dagli inizi, è che ogni varietà di grano duro ha un suo sapore, un suo colore e una sua consistenza.
Questo mi ha permesso di produrre paste differenti specificamente nel sapore, colore e consistenza, fino a riprendere coltivazioni di varietà antiche e dimenticate, con cui ho creato le famose pastificazioni in purezza.
Quanto è importante la ricerca sul grano?
L’Italia ha una grande storia di produttori artigianali che, tuttavia per un periodo avevano subito un’eclissi in favore della pasta industriale. Prima che in Italia gli artigiani della pasta riprendessero vigore, gli studi si erano concentrati sulla resa per ettaro e sul colore giallo (dovuto al beta-carotene), ricercati dall’industria e stimolati da ricerche di marketing francesi dell’epoca, che indicavano il colore giallo come preferito dal consumatore perché da una sensazione di ricchezza come la pasta all’uovo.
La ricerca per la pasta 600.27 riguarda soprattutto il sapore e il contenuto proteico del grano, che poi garantisce la tenuta in cottura.
La 60027 è appena nata, ma è già ricercata. Quali sono i primi posti dove si può acquistare?
Da settembre la distribuzione sarà capillare nei migliori negozi di gastronomia, retail gourmet e persino nella grande distribuzione più attenta all’alta qualità. Oggi la potete già trovare a Roma all’Enoteca Bomprezzi e al Panificio Panella; a Firenze da Ino di Alessandro Frassica; a Bologna nella Bottega di Via Montegrappa; a San Benedetto del Tronto da Vincanto; ad Ancona da Bontà delle Marche.
Alla fine – anch’io che non sono una cuoca – sono riuscita a cuocere un piatto di spaghetti degno di questo nome:
Ho condito gli spaghetti grandi di Carla – cotti a puntino! – con un’emulsione di sedano rapa, rosmarino e limone. Poi ho aggiunto zucca caramellata (con sale e zucchero) e ottimo olio evo.
Glauco G.Pompilio
29 Luglio 2015 at 7:38Quando sara` possibile gustare in Giappone gli spaghetti 600.27?
oliviachierighini
29 Luglio 2015 at 7:42Possiamo chiedere di rispondere direttamente a Carla!
carla latini
29 Luglio 2015 at 8:22Caro Glauco i contatti attivati sono molti. Per rispetto e stima di storici importatori sto dando la precedenza a loro. Entro Agosto farò la mia scelta. I Giapponesi sono consumatori di spaghettini e spaghetti piccoli che ho voluto mettere a catalogo perchè li considero dei formati insuperabili. Grazie per la partecipazione. Un caro saluto. Carla Latini
Marco
11 Agosto 2015 at 14:02Carla Latini ebbe l’intuizione venti anni fa…poi non si può vivere di solo marketing ( ci vuole il
Grano ) e il progetto pasta latini fece la fine che tutti sappiamo…ora ci riprova ? Ma con la stessa filosofia “marketing “
Filippo
11 Agosto 2015 at 14:04pasta Mancini n1 produce solo con il grano che arriva dai suoi campi…prima il grano poi il marketing
oliviachierighini
11 Agosto 2015 at 19:56Evviva i produttori che danno lustro al Made in Italy quindi!
Purtroppo, però, succede solo da noi che si debba essere i primi e poi non debba esistere nessun altro che faccia qualcosa di buono e ben fatto.