Vi ricordate cosa portava nel suo cestino Cappuccetto Rosso? C’erano sì le focacce della mamma ma anche tante fragole raccolte lungo la strada.
Fragole: lolitesco frutto simbolo d’innocenza e passione.
Alla fragola sono i lucidalabbra più lucidi, le gomme da masticare più soffici, i bagnoschiuma più schiumosi e i frullati dei fast food.
L’aroma di fragola, perfino il più sintetico, agisce come un richiamo irresistibile. Mi viene il sospetto che le fragole siano un frutto archetipico, come le mele o l’uva, grazie a quel colore incendiario che si rivela timidamente tra il fogliame brillante e leggermente peloso.
Ad acuire la sensazione di frutto ingenuamente proibito, c’è il ricordo assai diffuso di terribili orticarie – subite quando eravamo bambini – e quello delle madri terrorizzate che ci negavano perfino un gelato artificialmente rosa.
Sfatiamo un mito: il frutto della Fragaria vesca non è il ricettacolo carnoso che immaginiamo di assaporare accompagnato da un flǔte di champagne, bensì gli achenii, quei semini bruni o giallastri che esso contiene. A loro si deve attribuire ogni colpa e ogni virtù: l’aroma inconfondibile, le allergie e la romantica storia di Pretty Woman.
State preparando un Rossini e vi viene la pessima idea di filtrare il succo per evitare problemi ortodontici? Non fatelo o se ne andrà il profumo, il sapore e forse anche la poesia: del resto, chi ha mai detto che esiste gioia senza pena?
Infine, le fragole sono golose sempre, ma io le amo soprattutto così: le afferro per il peduncolo e le intingo una a una nello zucchero semolato, come quando avevo quattro anni.
Maggio è il periodo giusto per fare la marmellata di fragole, ma questa è tutta un’altra storia: per la precisione, sarà il post di domani, quindi andate a fare la spesa e procuratevi molto zucchero e molte fragole.
Se invece volete leggere altre pagine sulla magia degli ingredienti, ci sarebbe un libro…