In cucina con i tacchi a spillo – edito dal buon guido Tommasi – sta per compiere dodici anni. Ogni tanto mi ricapita tra le mani e ne rileggo qualche pagina con tenerezza.
Da inguaribile perfezionista, stravolgerei frasi e periodi ma nel complesso ne sono ancora orgogliosa. I tempi editoriali sono cambiati: di sicuro oggi sarebbe anche un bellissimo e-book e avrei insistito per fotografare le ricette.
Rimangono attuali le ricette – perfette al grammo! – e lo spirito con cui è stato scritto che spero non tramonterà così in fretta.
La penso ancora come scrissi in seconda di copertina:
“Occupandomi di cucina e presidiandone spesso una, m’è capitato di fare da consulente a una sfilza d’amiche malcapitate, che si erano fidate di una ricetta letta su una rivista senza riuscire a venirne a capo o che – volendo fare bella figura in un’occasione speciale – rischiavano invece una figuraccia.
Tra chiacchiere e spiegazioni pratiche mi sono resa conto che, purtroppo, il “sapere di cucina” della mia generazione era andato in fumo, peggio di una bistecca bruciata.
So già che qualcuno ora esclamerà: “Cielo, al giorno d’oggi, un manuale di cucina per ragazze squinternate che cucinano con i tacchi alti!”.
Il fatto che mi rivolga ad un pubblico femminile non è certo dovuto all’idea retrograda che una donna debba sentirsi a proprio agio ai fornelli o per una masochistica forma di discriminazione volta a bandire gli uomini dalla cucina: semplicemente, questo libro è la raccolta della mia esperienza in un giornale femminile, Grazia, sul quale tengo da alcuni anni la rubrica Kitchen.
Per una logica fatalità, proprio la cucina è luogo prediletto per chiacchiere e sfoghi verbali, e quindi eccomi qui, con un insieme non sistematico di consigli tecnici, molte divagazioni e storielle, consigli per sopravvivere ai pressanti ritmi della vita cittadina, trucchetti per barare quando è necessario, fingere una perizia che non si possiede, babau culinari da smitizzare e, spero, anche un briciolo di poesia”.