Uno dei vantaggi di essere ancora considerata una giovane mamma con figli piccoli – vantaggio tutto apparente e fugace, dal momento che sono circondata da primipare attempate e che Grande mi ha superato in altezza – è che mi invitano ai workshop per pupattoli.
“Bambini, la mia amica Paola di unduetrestellababy farà dei giochi bellissimi che avranno come tema il Piccolo Principe, vi porto?”. Dalla stanza accanto mi giunge un silenzio perplesso. Spunta un naso. “Perché?” (Sottotitolo per i non udenti: mamma, c’è sotto qualcosa, è inutile che lo neghi). Ok, quando vi ho partoriti ho giurato a me stessa che vi avrei detto sempre la verità. “Perché vado ad assaggiare la cioccolata Pernigotti ma gli adulti sono ammessi solo se accompagnati da un minorenne”. Con voce dolce, che nemmeno il lupo di Cappuccetto Rosso dopo aver divorato la nonna, dico: “Dopo tutto, tu stai studiando a scuola Antoine de Saint-Exupéry e tu sei bravo a dipingere”; poi, come se non bastasse, aggiungo: “Vi permetterò di mangiare tutta la cioccolata che vorrete”.
A quel punto i miei due complici erano già vestiti e sulla porta, pronti a barattare la loro età innocente per una manciata di gianduiotti Pernigotti.
Così, mentre loro decoravano incarti per le tavolette di cremino, dedicandole con amore alla persona che non conta mai attentamente quanti cioccolatini mangiano (mammina, moi–même) io mi beavo con tartine spalmate di crema gianduia nero, focaccine ripiene di crema gianduia classica e praline.
Che fine ha fatto il Piccolo Principe? Pernigotti ha usato i disegni legati al film d’animazione più bello dell’anno – che io avevo già recensito qui – per creare tre latte che contengono i gianduiotti, le gemme e i cremini oro e nero; hanno avvolto persino le uova di Pasqua, in modo tale che noi genitori possiamo serenamente comprare cioccolata a profusione dichiarando con un briciolo di credibilità: “l’ho fatto per loro”.