Ciliegi e vigne in Valpolicella

17 Aprile 2016

Splende il sole, domenica. Una sgambata mattiniera mi porta a costeggiare i vigneti della Valpolicella. Su e giù dai sentieri, attraverso i campi per i tratturi, è tutto uno scoprire vie nuove delineate dalle proprietà che di anno in anno si modificano, vuoi per una lottizzazione repentina, vuoi per un nuovo impianto e un nuovo padrone.
In un paesaggio fatto di vigne nude, irte di pali di cemento, spiccano i profili delle colline e i colori ancora poco accattivanti della stagione.
Corro gli ultimi chilometri lungo una strada che di giorno feriale sarebbe un viavai di camion diretti alle cave di marmo e ghiaia ma che, data l’ora e il giorno, è deserta. Mi fermo di scatto perché un’immagine mi punge e mi costringe a girarmi: sono appena passata sotto un enorme ciliegio in fiore, dai petali tersi e nuovi come l’alba nell’aria fresca.
Un ciliegio? Evviva, uno dei primi, penso, e arriverà Primavera e finalmente le foglie di vite copriranno le vergogne di questa valle.
Poi ci ripenso. Strano non averne visti altri. Ovviamente i frutteti se ne sono andati da un pezzo per far posto a Corvina e cugine più redditizie. Ovviamente i broli, i frutteti recitati, riparati dalle case, sono una questione di archeologia. Eppure i ciliegi erano sopravvissuti a delimitare le strade e gli appezzamenti di terreno, senza aver più la pretesa d’altri tempi di maritarsi con le uve.
Erano sopravvissuti meglio degli amici gelsi – scomparsi da decenni – ma ora non li trovo più, nemmeno dove avevo la certezza ce ne fossero, dove in altri anni, durante altre sgambate li avevo fotografati.
Sopravvive – e non si sa per quanto – la collina di Marezzane ma hanno tagliato gran parte dei magnifici caschi di petali bianchi che in questa stagione incerta, con una nevicata gentile, ammorbidivano il profilo severo della Valpolicella.
Stavano tra i piedi ed erano più una noia che una fonte di reddito, le sento già le voci. Meglio i lotti, l’uva e le cave. Casomai, per far finta di avere senso estetico, si possono sempre piantare roseti al termine d’ogni filare, alla moda francese.
Se noi tutti potessimo recuperare un grande albero dalla nostra memoria – tutti noi ne abbiamo uno, scomparso senza che ce ne rendessimo conto – e piantarlo lungo le strade, forse vivremmo in un posto più bello.
E se un bambino, con il giusto stupore e nella stagione giusta – senza pretendere a gennaio una vaschetta di ciliegie al supermercato – potesse allungare la mano e raccogliere un dono, forse avremmo la garanzia di vivere in un mondo migliore, in cui esiste ancora una qualche gratuità della gioia.

La mia amica Elena mi ha scritto: “Come ti devo dare ragione! La Valpolicella mi ha accolta a braccia aperte dieci anni fa, quando mi sono trasferita dalla città per poter garantire ai miei figli ( che qui sono nati!) la vita che io ho tanto amato quando ero bambina.
Perchè anch’io sono nata e cresciuta in campagna, in Valpantena, a voler essere precisi. Che luoghi meravigliosi (erano!). Sì, perchè ho portato i miei figli a vedere i prati e gli ulivi e i campi di grano e i ciliegi tra i quali da ragazzina si correva a perdifiato con le amiche del cuore, pomeriggi interi, e si rientrava a casa perchè cominciava ad essere buio e lo stomaco brontolava (perchè mentre corri nei prati non hai tempo di pensare alle merendine preconfezionate a forma di scimmia), ma i prati non c’erano quasi più, gli ulivi pochi, i campi di grano non se li ricordavano nemmeno i vecchi abitanti del luogo…e poi le primule!!!! Dove sono finite le macchie giallo tenue che a perdita d’occhio coloravano i pendii??? Raccoglievamo ogni primavera mazzi e mazzetti di primule allegre e leggere, che quando arrivavano a casa erano la disperazione delle nostre mamme, perchè con quei gambetti corti e mozzi, non trovavano mai vasetto adatto a loro: qualcuna annegava, altre finivano a gambe in su, ma che buon umore portavano in noi bambini!
Io ho perso le primule di campo, che erano giallo paglierino, non viola o rosse o blu!”.

E voi? Cosa avete perso dei colori e dei profumi della vostra infanzia? Cosa state cercando di ritrovare o di far trovare ai vostri figli?