Verrete a vedere Milano? Per lo shopping, gli aperitivi, la movida sui Navigli, la Darsena con le paperelle e il mercatino dell’antiquariato, le mostre e i musei?
Eppure, ciò che darà pienamente valore al vostro viaggio, sarà vedere il più scontato e magnifico monumento cittadino, il Duomo, in una visita che vi garantisco piena di emozioni, a cavallo tra fede e laicità.
Le sue trecentoventimila tonnellate di marmo di Candoglia, solo apparentemente immobili, sono capaci di raccontare una città in perpetua evoluzione.
Il Duomo, dal punto di vista religioso, è la più grande cattedrale in uso del mondo e crocevia di culture (una volta la settimana vi si riuniscono in preghiera anche gli ortodossi). Poi c’è la Veneranda Fabbrica che parla il linguaggio della quotidianità dalla sua fondazione iniziata nel 1386.
La Cattedrale di Milano è stata dichiarata completa nel 1965 ma la comunità che un tempo la faceva crescere e la costruiva, oggi prosegue la sua attività per mantenerla e farla sopravvivere, anche in barba alle sovvenzioni statali che ormai sono derubricate alla voce non pervenuto.
Se gli operai del Duomo dovessero smettere di manutenere e sostituire le parti corrotte, in brevissimo tempo – un paio d’anni, per darvi un metro realistico – la cattedrale diventerebbe progressivamente inagibile, sbriciolandosi letteralmente sotto i nostri occhi.
Il Duomo fa barcollare ogni certezza, prima tra tutti quella che riguarda il concetto di originale e la sua conservazione: virtualmente, non esiste pezzo che non sia stato o non possa essere sostituito, anziché restaurato. Ogni elemento architettonico, quando necessario, è ricostruito con il marmo proveniente dalla stessa cava di Candoglia utilizzata cinquecento anni fa. Che fine fanno gli originali? I più preziosi sono stati raccolti nel museo adiacente, altri hanno un proprio cimitero (sfortunatamente non accessibile) vicino a Musocco. Non ricordo altre opere d’arte in cui sia legittimata questa pratica, con una copia che, di fatto, non è considerata tale.
Dopo un’attenta vista all’interno della chiesa, dovete salire sulle terrazze che posseggono un microclima del tutto particolare: di mattino può persino fare freddo ma, poco a poco, nei giorni di sole, la temperatura può salire fino a cinquanta gradi. Dicono sia realmente possibile cuocere un uovo“alla cereghina”, con l’albume cotto e il tuorlo pastoso, su una delle lastre di marmo.
Tra le guglie – fortunatamente diventate oggetto di mecenatismo privato grazie al progetto adotta una guglia – soffermatevi a osservare ogni particolare. Io ho avuto una guida d’eccezione che mi ha raccontato aneddoti sulla grande libertà espressiva lasciata nei secoli agli artisti. Ad esempio, negli anni ’20, gli scalpellini di Viggiù (molti dei quali furono anarchici e costretti a fuggire in Argentina con l’avvento del fascismo) avevano potuto incidere nei bassorilievi anche i simboli degli sport più in voga – ci sono racchette da tennis, palloni da basket e attrezzature da scalatori – o le gesta di Primo Carnera.
Tornando all’assoluta necessità di autofinanziamento del Duomo – ma anche dando seguito alla precisa volontà di esaltare e valorizzare l’intero complesso monumentale con nuovi spazi museali, archivi e il recente intervento sulla chiesa di San Gottardo – la Veneranda Fabbrica si sta sempre più aprendo al pubblico e ha preso alla lettera due delle sette opere di misericordia del Vangelo: “…da mangiare agli affamati, da bere agli assetati…”.
Alla fine del percorso museale o accedendo direttamente dalla piazza, si trova Rest@Duomo, uno splendido spazio di ristoro situato nella Sala delle Colonne. Questo luogo, un tempo usato anche per accogliere i pellegrini, fu rimaneggiato dal Piermarini alla fine del ‘700 in puro stile neoclassico, ed era la scuderia di Palazzo Reale. Rest@Duomo, aperto al pubblico anche indipendentemente dai musei, è ancora uno dei luoghi nascosti e poco conosciuti di Milan. Dopo diverse ore di visita alla Veneranda Fabbrica, ringrazierete la possibilità di riposarvi sotto le sobrie volte, anche se forse – diversamente da quello che ho fatto io, stolta – avrete usato delle buone scarpe da ginnastica.