Una sera stavo chiacchierando con Piero Rondolino, patron dell’azienda che produce il riso Acquerello nella storica Tenuta Colombara, nel vercellese.
Mi raccontava perché il suo riso è così speciale.
Sono abituata a chi mi dice “Sono il più bravo” e “Il mio prodotto è il migliore al mondo”. È normale, vivo in mezzo a persone che si occupano di marketing da quando poggiano un piede per terra la mattina a quando si addormentano la sera rielaborando dati, quindi di solito sono educatamente scettica.
Però mi piace quando, oltre alle chiacchiere e alle vanterie, queste persone mi raccontano la propria storia e perché amano quello che fanno. Spesso, il calore e l’intensità di queste storie, riesce a prendere il sopravvento sull’animo del venditore.
Così quella sera mi sono fatta raccontare da Piero Rondolino come piaceva a lui mangiare il suo riso e mi ha spiegato una tecnica che riuscirebbe ad applicare anche un perfetto incompetente dei fornelli, il metodo per un risotto perfetto.
Avere a disposizione un riso superlusso aiuta molto ma – se non riuscite immediatamente a mettere le mani sul riso Acquerello – almeno usate il miglior Carnaroli biologico che trovate in giro.
Dunque per fare il risotto secondo Rondolino – che a sua volta ha chiesto la consulenza dello chef Marco Stabile – servono per prima cosa tre parti d’acqua per una di riso. Se ad esempio siete in 4, prendete 300 g di riso e 900 g d’acqua. Fate bollire l’acqua con un po’ di sale, quando bolle versate il riso e fatelo cuocere esattamente per 10 minuti. Spegnete il fuoco e mantecate sempre con olio extravergine d’oliva (mai con il burro).
Piero Rondolino ama il risotto con la fontina mentre io ho provato una versione delicata con olio evo e limone. Quando mantecate, aggiungete succo e scorza grattugiata di limone – io amo anche l’abbinamento con zenzero e rosmarino – formaggio grattugiato a piacimento e aspettate. Il riso è pronto non appena si asciuga quel tanto da diventare all’onda.
So che state per fare le stesse domande che ho fatto io stessa. Niente soffritto? No. Niente brodo? No, intralcerebbe con il sapore di base che avete deciso per il risotto. Il riso cuocerà bene o scuocerà? Resterà perfetto se rispettate le proporzioni e i tempi al secondo.
L’ultima domanda suppongo riguardi il riso Acquerello. Immagino vi chiediate che senso abbia un riso così costoso e immagino non vi basti la risposta che è molto amato dagli chef stellati. In fondo, uno chef può fare un po’ quello che gli pare – persino preparare canapè su patatine fritte industriali – che andrà sempre bene.
Però il riso Acquerello è un riso invecchiato 1 o 7 anni, per questo motivo è così pregiato. Il riso grezzo appena colto deve essere conservato al fresco nei silos più a lungo possibile, così l’amido ha il tempo di perfezionare le sue caratteristiche. Un riso invecchiato tiene perfettamente la cottura e assorbe meglio i condimenti. Acquarello è un riso bianco ma ricco come un riso integrale: è lavorato a “elica” – una tecnica risalente al 1875 che sbianca molto delicatamente senza rompere il chicco – ma soprattutto viene reintegrato della perdita della gemma con un sistema protetto da un brevetto internazionale.
Insomma, il riso Acquerello costa uno sproposito – tra le due e le cinque volte un riso comune – ma ne vale la pena. Imparate a fare il risotto e poi ditemi.