Silena Santoni è una scrittrice esordiente ma non si può definire un’autrice alle prime armi. Fiorentina, nata negli anni ’50, per molti anni è stata insegnante di lettere alle scuole medie e superiori ma contemporaneamente – da grande appassionata di teatro – ha seguito scuole di recitazione e di sceneggiatura teatrale, che l’hanno portata a scrivere brani e adattamenti scenici per la compagnia Katapult, nella quale recita.
Una ragazza affidabile è il suo primo romanzo e di certo uno dei libri da leggere quest’anno, soprattutto se apprezzi le storie familiari dalle tinte noir e i finali imprevedibili.
Il filo rosso che lega il racconto è il labile confine tra bene e male: nella vita a volte è difficile riconoscere distintamente il limite e non oltrepassarlo. Agnese e Micaela sono sorelle divise dal tempo e da vite che hanno preso strade diversissime. Dopo anni si re-incontrano a Firenze per discutere un’eredità ed è l’occasione per un confronto che assume sempre più il carattere dello scontro. Agnese rivive, sullo sfondo dell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, i ricordi dell’infanzia e della giovinezza: l’impegno nello studio, un grande amore finito tragicamente, il rapporto complesso e l’invidia – mai del tutto riconosciuta – per Micaela. Poco alla volta, inesorabilmente, il romanzo familiare si trasforma e si illumina di riflessi inquietanti, fino a quando la verità si fa largo con un lampo accecante.
La prima domanda che si fa sempre a un romanziere è se ci siano elementi autobiografici. Hai scelto di ambientare parte del romanzo in un periodo storico molto difficile per l’Italia. I personaggi sono in qualche modo ispirati a persone reali?
In “Una ragazza affidabile” non c’è niente di autobiografico se non l’ambiente che ho respirato e la vita che ho vissuto. Ho scritto di sorelle e di figlie ma non ne ho avute e sono figlia unica I personaggi sono di pura invenzione, mi attirava proprio l’idea d’indagare una condizione che non mi appartiene, che non mi coinvolgeva affettivamente nella realtà. Non ho voluto particolarmente bene ad Agnese e Micaela perché sono molto lontane da me, ci tenevo a mantenere le distanze. Persino i luoghi sono trasfigurati, però indubbiamente ho fatto il lavoro di Frankenstein, incollando insieme caratteristiche di persone o situazioni che conosco bene.
La documentazione sul periodo storico è stata molto rapida anche se io – avendo vissuto sempre a Firenze – non ho partecipato in nessun modo ai moti studenteschi di Roma o Bologna. Per quanto riguarda la cacciata di Luciano Lama alla Sapienza nel 1977, è storia nota; Sergio è liberamente ispirato a Guido Rossa, il sindacalista assassinato a Genova dalle BR; Luca è stato ispirato da un certo Luca Mantini, terrorista che ricordavo essere stato ucciso nel corso di una rapina a Firenze. Infine, l’idea per l’incidente in montagna, mi è venuta nel corso di una settimana bianca con un tempo orribile, in cui era giunta la notizia dell’incidente sugli sci di Michael Schumacher.
La scrittura di “Una ragazza affidabile” si può definire matura, non solo perché il tono di voce è perfettamente adeguato ai personaggi – Agnese e Micaela si rivedono nella loro mezza età – ma anche perché hai atteso a lungo prima di lavorare al tuo primo romanzo.
La maturità anagrafica avrà dei vantaggi, o no? Prima di scrivere ho vissuto tanto. Ho avuto una vita comune, non avventurosa ma ricca di esperienze e di viaggi. Sono curiosa e irrequieta, la routine mi annoia e le novità non mi spaventano. Ho sempre cercato di capire le situazioni della vita per poterla in qualche modo dominare, nella convinzione che bastasse la volontà: naturalmente la vita con le sue tragedie ha pensato di farmi ricredere.
Ho sempre adorato scrivere ma ho avuto bisogno di un’incubazione molto lunga, perché mi è capitato spesso di incontrare persone che dicevano “Sai, ho cominciato a scrivere un libro” e che, dopo le prime dieci pagine, si arrendevano. Sono stata occupata a vivere e a lavorare poi – quando è stato il momento – sono stata molto supportata da mio marito e dagli amici ho superato le fatidiche dieci pagine.
Con che idea eri partita quando hai cominciato a scrivere?
Esiste la banalità del caso. Nemmeno la più colpevole delle due sorelle intende compiere del male ma si ritrova a farne e non lo rielabora. L’educazione consolida il carattere ma il caso fa la sua parte. Di sicuro non volevo scrivere una storia rassicurante ed edificante ma nemmeno un giallo (non credo nemmeno saprei farlo), però nel romanzo c’è un pessimismo di fondo che sottolinea un tono noir. L’inquietudine e la precarietà che aleggiano non sono esterni ai personaggi: è tutto interiore. Agnese è un personaggio negativo a tutto tondo. Ho provato pena, indulgenza per le fragilità e gli errori delle ragazze ma non mi sono mai posta in una posizione giudicante. Di sicuro ho subito l’influenza del teatro, anche se il romanzo sarebbe difficile da riadattare per la scena: meglio il cinema.
A quale lettore ideale ti sei rivolta con questo libro?
Credo sia per lettrici tra i 40 e i 60 anni, che poi rappresentano la fetta di forti lettori in Italia. Mi sono divertita così tanto che mi è tornata subito la voglia di scrivere. La storia di “Una ragazza affidabile” non è arrivata da sola, l’ho cercata a lungo, ho dovuto pensarci. Adesso sto già armeggiando attorno a un’altra idea.
Hai paura delle critiche?
No, le gradisco, sono molto severa con me stessa.
[Articolo pubblicato l’11 aprile 2018 su donnad.it]
N.d.A.: i frollini visti in copertina sono realizzati con questa ricetta.